26/06/2014 Notizie

In aumento le famiglie numerose in povertà assoluta

Il Cnel e l’Istat hanno presentato oggi la seconda edizione del “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile” (BES 2014) che riprende l’analisi degli elementi fondanti del benessere e del progresso in Italia. Gli italiani continuano a possedere una ricchezza reale netta tra le più alte in Europa dovuta all'elevata diffusione della proprietà dell'abitazione di residenza ma l'intensità e la persistenza della crisi economica hanno ridotto il valore di questa ricchezza e ampliato la disuguaglianza economica e l'area della povertà e della deprivazione materiale.

Nel 2012, le difficoltà economiche delle famiglie si sono accentuate: dalla diminuzione del reddito reale disponibile e della ricchezza reale netta complessiva è derivato un calo della spesa per consumi e un aumento degli indicatori di povertà, soprattutto assoluta, e di deprivazione.

L'indicatore di povertà assoluta (basato sulla spesa per consumi nel 2012) mostra un aumento del 2,3%: la quota di persone che vivono in famiglie assolutamente povere passa dal 5,7% all'8% e aumenta in tutto il Paese passando dal 4% al 6,4% al Nord, dal 4,1% al 5,7% al Centro, dall'8,8% all'11,3% nel Mezzogiorno. L'aumento dell’indicatore di povertà assoluta coinvolge in particolare le famiglie più ampie, composte da coppie con tre o più figli, soprattutto se minorenni, le famiglie di monogenitori o con componenti aggregati. L'indicatore di grave deprivazione, che aveva raggiunto il 14,5% nel 2012, registra invece un miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5%, per la diminuzione della quota di persone in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste, di non potersi permettere un pasto proteico adeguato ogni due giorni o di riscaldare adeguatamente l'abitazione.

Situazione poco positiva anche per quello che riguarda i servizi di pubblica utilità laddove persistono differenze territoriali importanti e diffuse che si riflettono in un sostanziale ritardo rispetto alle medie europee. Desta, infatti, grande preoccupazione la recente inversione di tendenza nell'accessibilità dei servizi per l'infanzia. Nel 2011, dopo cinque anni di miglioramento, si legge nel Rapporto, si registra una riduzione nella percentuale di bambini accolti nelle strutture pubbliche o convenzionate che passa dal 14% del 2010 al 13,5% nel 2011. Nel caso degli asili nido, il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno è particolarmente rilevante: nel Centro-Nord sono iscritti il 18% dei bambini di 0-2 anni e solo il 5% nel Mezzogiorno.

Significativo il commento di Chiara Saraceno, una delle più importanti sociologhe italiane sulla famiglia, la povertà e le politiche sociali, che nel suo intervento ha sottolineato come il fenomeno più preoccupante che emerge dal Rapporto sia la riproduzione intergenerazionale della disuguaglianza che vede le opportunità di miglioramento delle condizioni di partenza, per chi nasce in famiglie meno fortunate in Italia, più scarse rispetto agli altri Paesi europei. Fatto questo che determina uno spreco di capitale umano oltre che una mancanza di equità sociale.

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