Come stanno i ragazzi: un’attenzione lunga un mandato
Quattro anni trascorsi veloci, quattro anni pieni e intensi. Se guardo al mio mandato di Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, iniziato a gennaio 2021, mi vengono in mente più delle altre due espressioni: ascolto e partecipazione.
Quando mi sono insediata eravamo ancora a ridosso della fase più acuta della pandemia e la mia prima preoccupazione è stata chiedermi: come stanno i ragazzi? A questa domanda non ho mai smesso di cercare risposte.
L’ho fatto incrementando le occasioni di ascolto diretto di ragazze e ragazzi, in diversi contesti. Da quello che accoglie chi arriva nel nostro Paese senza adulti di riferimento a quello che ha la funzione di rieducare e accompagnare al reinserimento i minorenni che hanno violato la legge. Sono state esperienze emotivamente impattanti e preziose per capire in che direzione orientare le iniziative a tutela delle persone di minore età.
La Consulta delle ragazze e dei ragazzi ha avuto un ruolo sempre più centrale nell’azione dell’Autorità e ho dato vita a un nuovo organismo, che rispecchia le varie realtà del Paese, attraverso il quale raccogliere la voce degli adolescenti: il Consiglio nazionale delle ragazze e dei ragazzi. Una novità della quale sono molto soddisfatta. Ho attivato lo strumento delle consultazioni pubbliche tra minorenni, dalle quali sono emersi dati rilevanti per conoscerli meglio e per sapere cosa pensano, in particolare della scuola, dell’inclusione, dei rapporti tra sessi, del futuro. Tra le più recenti c’è quella sulla salute mentale dei ragazzi, la quale ha rivelato un diffuso senso di malessere. A questa dimensione, che deve preoccupare ogni adulto, abbiamo dedicato una speciale attenzione in questo numero della rivista dell’Autorità garante, offrendo al lettore ancora una volta un approccio che tenga conto di prospettive diverse.
C’è un comun denominatore tra i contributi che abbiamo raccolto. Ed è la grande difficoltà di comunicare tra generazioni, nel senso di comprendere il punto di vista dell’altro, di riuscire ad ascoltare correttamente i segnali che manda. È cambiato – rispetto al passato – l’assetto della famiglia, che è transitata verso atteggiamenti amicali, accompagnati anche dalla pretesa di “sapere” di cosa hanno bisogno i figli. Figli ai quali talora vengono addirittura silenziate le emozioni.
Anche su questo fronte diventa centrale parlare di ascolto. Un ascolto che deve essere calibrato in modo tale da cogliere realmente “come si sentono” e di “cosa hanno bisogno” le ragazze e i ragazzi. Ciò è importantissimo, ma non sufficiente. Le disparità che attraversano il Paese non sono neutrali rispetto a questo problema: minori risorse in alcune aree significano meno servizi per la salute mentale e il benessere complessivo. Sono differenze che pesano e che rischiano di ipotecare il presente e il futuro dei minorenni. Occorre fare scelte che mettano al centro i loro diritti, senza distinzioni, in un’ottica anche di solidarietà intergenerazionale.
Si tratta di un approccio che ho sollecitato più volte, come più volte ho suggerito di introdurre meccanismi di monitoraggio dell’efficacia di una legge in base al criterio dell’impatto prodotto sui diritti dei minorenni. Molto ho fatto, moltissimo ci sarebbe ancora da fare.
Carla Garlatti
(Editoriale comparso sul numero 1, anno II, della rivista "Prospettive sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza")