Aiutiamo i nostri ragazzi a vincere le loro paure!
La situazione economica e sociale italiana influisce inevitabilmente non soltanto sull’umore dei giovani, ma anche sulle loro paure, sui loro sogni. Questo risulta sempre più chiaro. Come sembra altrettanto chiaro - secondo anche gli ultimi dati ISTAT - che la povertà, non soltanto quella economica ma anche quella culturale, si erediti di genitore in figlio. In quel riscatto sociale, che vedeva una volta giovani provenienti da condizioni economiche disagiate riuscire a ribaltare la propria situazione studiando duramente e applicandosi nella vita, pare che non ci credano più neanche loro. Le aspettative che nutriamo poi nei loro confronti, spesso eccessive, fanno sì che tali paure aumentino, fino a fargli credere che il fallimento lavorativo e professionale sia l’equivalente di un fallimento personale.
A questa riflessione se ne aggiunge poi un’altra: nei tanti incontri che ho fatto in giro per l’Italia mi sono reso conto di quanto i ragazzi sentano l’esigenza di avere i propri spazi; lì dove non s’intende unicamente quelli fisici, quanto uno spazio inteso come un loro ruolo ben definito nella società. E tale ruolo deve essergli a tutti gli effetti riconosciuto, non soltanto dalla famiglia stessa ma anche dalle istituzioni, che spesso parlano di loro soltanto quando casi di cronaca li vedono protagonisti. Per questo dare un’immagine reale dei giovani risulta fondamentale anche per generare in loro stessi una sicurezza diversa nelle proprie potenzialità.
Pensare che un adolescente abbia perso la speranza nel futuro o che si dica convinto di non poterlo avere nel proprio paese d’origine è una sconfitta per tutti. Per questo è importante che i ragazzi e le ragazze tornino a sentirsi liberi e scevri da qualsiasi condizionamento esterno, dal culto del dover necessariamente essere i migliori, i primi, i più forti. Una società equa, giusta e solidale, deve offrire a tutti la stessa opportunità chiedendo sì degli sforzi, ma non per primeggiare o essere all’altezza delle aspettative, quanto per realizzarsi, e non necessariamente come il miglior avvocato, medico o commercialista, ma in quello per cui ci si sente più portati. Se riuscissimo a far tornare in Italia parte dei tanti giovani partiti negli ultimi anni in cerca di stabilità e di lavoro, non sarebbe unicamente una vittoria della politica, piuttosto che delle istituzioni, ma dell’intero sistema paese.
Puntare sui giovani non deve essere uno slogan da usare e strumentalizzare di volta in volta, ma una convinzione reale sulla quale bisogna lavorare fin da subito. Posso solo immaginare cosa significhi per un genitore vedere il proprio figlio andare a centinaia, per non dire migliaia di chilometri da casa per avere un lavoro: la sensazione di fallimento che investe il figlio, che prova per quel sentirsi inadeguato, è la stessa che prova un genitore che si sente colpevole di non avergli assicurato un futuro pur avendo fatto di tutto per costruirglielo. Finché questa tendenza non verrà invertita, difficilmente le paure dei giovani lasceranno il passo alla sicurezza di un futuro migliore. Senza il quale nessun ragazzo potrà vivere mai più la condizione naturale di spensieratezza e felicità che gli spetta. Insieme a tanti altri diritti.
Vincenzo Spadafora