02/09/2015 Editoriale

Che estate è stata

È il momento di tirare la riga finale della somma e vedere che estate è stata: da sempre, settembre si porta appresso bilanci e buoni proponimenti.

Gabriele D’Annunzio riassunse l’idea di ripartenza e di esplorazione di nuove dimensioni in un verso famoso: «Settembre andiamo. È tempo di migrare» (I pastori). Solo che ora, quel verso suona dolorosamente profetico, perché il verbo migrare rimanda ad immagini troppo violente.

E qui, entriamo nel primo grande tema di quest’estate troppo calda e troppo cattiva: i profughi. È stata un’estate con un livello di efferatezza, di negazione della dignità umana, di calpestamento dei diritti fondamentali senza eguali. Osservata dalla parte dei più giovani, è ancora più disumana. Penso al ragazzino di quindici anni soccorso e poi deceduto perché arrivato in uno stato tale di denutrizione e di maltrattamenti da rendere impossibile un recupero. Penso ai quattro bambini chiusi nel camion lasciato ai bordi di una strada in Austria: una piccola di due anni, tre di otto o nove, insieme ad altri 67 adulti. Morti perché qualcuno li ha considerati “prodotti” da trasportare e su cui guadagnare: perché preoccuparsi di dare loro acqua, aria, addirittura cibo? Penso alla bambina siriana diabetica morta durante la traversata perchè il suo zainetto con l’insulina gliel’hanno gettato in mare , o al ragazzino di 12 anni partito da solo dal suo Paese, arrivato a Palermo dopo aver attraversato il deserto e subito vessazioni e fame per più di 12 mesi. Penso al neonato che ha visto la luce pochi giorni prima di salire su un «barcone della speranza», ma che ha perso la mamma in viaggio e ora è orfano in Italia. Penso, e qui faccio fatica a razionalizzare, allo scafista di 16 anni che ha imparato la legge del più forte e l’ha applicata ai suoi simili con crudeltà eccelsa. Si cresce in fretta in guerra, è vero, ma non basta a comprendere.
Quest’estate, quanti sono morti di fame, sete, percosse? Non lo sappiamo, è un bollettino che cambia ogni giorno, purtroppo.

Il pericolo che lievitino da una parte l’abitudine alla morte e l’assuefazione a questi orrori, dall’altra la paura del diverso e il desiderio di tenere lontano gli altri, vissuti come un pericolo, è indubbiamente forte.

Il tema è immenso, l’Europa, tardivamente, comincia a capire che è da affrontare su vari fronti, con azioni mirate e di diversa natura: accoglienza, inserimento, operazioni di sostegno dei Paesi da cui provengono i profughi, revisione dei trattati in materia di circolazione degli individui sul territorio. È la politica che deve muoversi, proprio perché è nei compiti della politica gestire e risolvere le situazioni.

Presto andrò in Sicilia all’approdo della prossima nave preposta al salvataggio dei migranti alla deriva nel Mediterraneo per capire le azioni intraprese e da intraprendere per garantire ai minorenni che arrivano sul nostro territorio i diritti fondamentali. 

Vincenzo Spadafora

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