Il tormento in quelle piccole mani
Come spesso succede le immagini raccontano più di migliaia di parole. Mi riferisco al video che ieri molti siti hanno messo in homepage, relativo ad un furto avvenuto nel dicembre 2012, in una posta nell’hinterland napoletano. Protagonisti una mamma, tre bambini, di cui due erano figli: quello di 10 anni apre la porta antipanico per far entrare i tre malviventi che, volti coperti e pistole, si portano via duemila euro di bottino.
Ho visto e rivisto il video più volte e il mio sguardo è caduto sulle le mani del bambino di 10 anni usato dalla mamma come «complice», quelle mani che si torcevano e tormentavano e che sarebbero dovute essere a scuola, forse a disegnare o a giocare a pallavolo. Qualunque educatore o psicologo leggerebbe in quel gesto la fatica di compiere un atto non voluto. Perché quei tre ragazzini erano lì e non dietro i banchi (era infatti un giovedì)?
Nulla sappiamo sull’identità della madre, e questa è una fortuna, perché il conoscerla metterebbe prima di tutto a rischio i figli. Sappiamo però che non ha saputo difendere né se stessa (è entrata in posta a volto scoperto), né i suoi figli. Probabilmente, avrebbe avuto bisogno di sostegno. Prima. Così non avrebbe fatto credere a dei ragazzini che rapinare una banca è “normale”, quasi un gioco, come fosse un cartoon.
Ogni volta che come Authority parliamo di diritto alla scuola e sostegno alle famiglie in difficoltà, non lo facciamo per lanciare slogan di facile presa: è perché sentiamo il bisogno di ricordare a tutti quanto sia indispensabile garantire a chiunque una vita dignitosa, centrata sul rispetto del singolo, delle regole, delle pari opportunità.
Senza questa cultura dei diritti, anche per chi ha meno di 18 anni, si finisce per guardare e riguardare un video con sgomento. Con quelle mani di bambino che si attorcigliano e che sembrano dire, in silenzio: «Perché?».
Vincenzo Spadafora