Mettere al centro le persone. Non la droga
Il tema delle dipendenze non è mai facile da affrontare. Come non è semplice dare risposte, che coinvolgono aspetti politici, giuridici, sociali, sanitari, economici e – non da ultimo – di ordine e sicurezza. Spesso se ne parla in occasione di fatti di cronaca, di emendamenti a disegni di legge o del diffondersi di nuove sostanze, perdendo di vista la persona: il consumatore. È invece necessario soffermarsi su quest’ultimo e sul preoccupante fatto che, in un rilevante numero di casi, si tratti di un minorenne.
Siamo di fronte in questi anni a un cambio di passo: se una volta le sostanze venivano consumate per trasgressione, oggi invece il loro uso è riconducibile a una funzione anestetica. Con l’assunzione di stupefacenti si cerca di mettere a tacere la distanza tra le risposte che offre il mondo reale e il disagio che provano i giovani.
Secondo la “Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia 2021” del Dipartimento per le politiche antidroga l’età di chi consuma sostanze psicotrope illegali si è abbassata. Quasi due studenti tra i 15 e i 19 anni nel 2020i hanno dichiarato di aver assunto sostanze psicoattive. E il lockdown imposto per la pandemia potrebbe aver favorito il commercio online, accelerando una tendenza registrata negli ultimi anni.
È indubbio che questa situazione può compromettere la crescita e le potenzialità dei giovani. Ma come reagire? Gli interventi vanno fatti sì caso per caso, ma occorre una visione strategica generale per affrontare il problema su larga scala. L’Autorità garante, da parte sua, ha risposto con la campagna social di sensibilizzazione e prevenzione “Io dipendo solo da me” lanciata dalla Consulta delle ragazze e dei ragazzi, seguendo le indicazioni della Strategia 2021-2025 della Ue. Allo stesso tempo ha avviato uno studio con l’Istituto superiore di sanità, la Sinpia e il Ministero dell’istruzione sulla salute mentale dei minorenni ai tempi del Covid-19, con attenzione anche ai consumi di alcol e sostanze.
Quel che occorre fare come istituzioni, inoltre, è attivare spazi di ascolto, accompagnamento e consulenza e promuovere sani stili di vita a cominciare dall’infanzia. Vanno potenziate le politiche di sostegno alle famiglie in difficoltà, perché i genitori sono quasi sempre soli ad affrontare il dramma di un figlio tossicodipendente. Proprio la famiglia, se ben motivata e supportata, può essere infatti di grande aiuto nella riabilitazione e nel reinserimento. Occorre far tornare a comunicare tra loro padri, madri e figli con il supporto dei servizi pubblici per le dipendenze, perché si possa realizzare l’interesse – superiore – del minore alla salute, al benessere e a un armonico sviluppo.
Carla Garlatti