Fermiamo la “strategia dell’emozione”
La prima parola che mi viene da scrivere è «grazie», perché raramente ho letto un’analisi/denuncia così puntuale sull’uso strumentale dell’infanzia da parte dei mass media come quella di Marina D’Amato, ieri da voi pubblicata. Si parla di «una cultura mediatica che vuole emozionare e turbare le coscienze»; si denuncia il meccanismo che mette noi spettatori dalla parte dei Buoni, poiché non siamo l’Orco; e soprattutto ci si domanda perché il rispetto per i più piccoli, sancito dalla Convenzione Onu sui diritti di bambini e adolescenti, diventi carta straccia quando c’è un caso acchiappa-audience come quello straziante di Loris.
Ecco che torniamo al tema della responsabilità, parola desueta e poco frequentata: e invece quello che facciamo e diciamo e mostriamo e soprattutto il «come», ha degli effetti. Si direbbe che molte trasmissioni, giornali, siti se lo dimentichino. Milioni di giovanissimi spettatori hanno sentito parlare di Orco e di mutandine, perché tutti i tg della sera hanno aperto con la notizia di Loris esibendo dettagli inquietanti.
Vorrei rispetto per Loris, ma anche per i suoi compagni di classe che vanno difesi: la morbosità mediatica di questi giorni ne tiene conto?
Marina D’Amato mi chiede «dov’è la voce forte del garante»? Le rispondo che l’ho alzata parecchie volte con dichiarazioni, lettere ai direttori e chiamando in causa la Federazione della stampa. Tutto ciò non è riuscito a bloccare lo sciacallaggio e la spregiudicatezza dei media. Si parla di bambini e adolescenti quando sono al centro di episodi di cronaca nera o di torbidi traffici. Se si chiede di fare una riflessione articolata, ci si trova di fronte a porte chiuse.
Sarebbe bello potersi confrontare in diretta con chi governa e decide le politiche economiche e sociali, e avere poi risposte nella realtà. Sarebbe bello potere parlare di integrazione o della fatica di crescere, di modelli scolastici e culturali, di «buoni e cattivi maestri», di internet e di diversità, e magari anche di effetti della crisi, visto che in due anni sono raddoppiati i minorenni che vivono in povertà assoluta (dati Istat).
Come Autorità di garanzia stiamo facendo un’opera capillare con la polizia postale per contrastare il «brutto» della Rete, a cominciare dalle insidie di orchi protetti dall’anonimato. Stiamo combattendo la pericolosa cultura che adultizza i nostri figli e nipoti e che li espone a una precoce sessualizzazione. Abbiamo siglato un’intesa per evitare l’uso di lolite e toyboys in pubblicità, consci che da lì possono passare messaggi ambigui e pericolosi. Stiamo lavorando per sensibilizzare genitori, operatori, insegnanti, medici, forze dell’ordine perché rispettino e ascoltino di più i loro giovani interlocutori. Noi lo facciamo, ascoltiamo cosa hanno da dire bambini e ragazzi. E dopo, cerchiamo di fornire loro strumenti per affrontare la realtà, anche quando è feroce come quella di Loris.
Continuerò ad impegnarmi per fermare il meccanismo viziato della «strategia dell’emozione», che crea paura, confonde e offende la dignità dei bambini. E, insieme, la nostra.
***Leggi l'editoriale di Marina D'Amato pubblicato su La Stampa del 3 dicembre 2014***